domenica 14 febbraio 2010

I politici e i dipendenti pubblici


Uno dei problemi rilevanti dell'Italia è come rendere più efficiente la gestione della cosa pubblica. Partiamo con il caso dei dipendenti pubblici, categoria della quale sono onorato di far parte.

I dipendenti pubblici vengono assunti dopo aver vinto un concorso pubblico per titoli e in alcuni casi per prove scritte, orali, pratiche. A questa regola sembra non si possa ovviare in alcun modo:
si opera quindi una selezione preventiva, per selezionare "il migliore" a portare avanti un determinato incarico. In principio, tutto giusto.

Una volta che il dipendente pubblico ha superato la prova e viene assunto, se vuole può tranquillamente sedersi sul suo agognato posto e mangiarsi il cervello(*). A meno di casi eclatanti, egli non può essere licenziato. Per fortuna non tutti si comportano male: vuoi per remore morali, fattori educativi, di coscienza, religiosi, o semplicemente per carattere e predisposizione, una buona fetta di dipendenti pubblici effettivamente lavora, e molti sono anche molto bravi. Per converso, alcuni non si limitano a oziare, ma addirittura si approfittano della loro posizione per rubare, corrompere, aumentare il loro potere, far carriera, ecc.

E' chiaro quindi che la valutazione preventiva non basta. Come fare ad evitare che un dipendente pubblico si "rilassi" troppo, o addirittura venga attirato dalla "banalità del male"?

Non si può semplicemente far ricorso a leggi e regolamenti, per vari motivi. Non si possono stabilire troppe regole, altrimenti sorgono problemi di consistenza delle stesse, difficoltà nell'applicarle e una eccessiva rigidità dell'ambiente lavorativo, con ulteriori perdite di efficienza. Pretendere di controllare centralmente, con una serie di enorme di regolamenti prescrizioni e circolari, centinaia di migliaia di uffici pubblici in Italia, del tipo più disparato, è sinceramente un lavoro immane e costoso. E poi, la motivazione più importante: fin'ora non ha funzionato affatto.

Se invece mettiamo poche regole, resterebbero fuori troppi casi, oppure ci si consegnerebbe al totale arbitrio del singolo dirigente. Inoltre, sorge il problema del controllo delle regole stesse e dei controllore, e il problema di punire chi non le rispetta. Sembra che l'unica sia affidarsi alla buona volontà del dipendente pubblico stesso e all'azione della magistratura, con gli effetti che tutti abbiamo davanti agli occhi.

I liberisti propongono di risolvere il problema affidando una parte sostanziale della (quando non addirittura l'intera) gestione della cosa pubblica all'iniziativa privata. Per queste persone, il libero mercato sembra essere lo strumento di ottimizzazione per eccellenza: affidi al mercato un servizio grasso, lento e inefficiente, e come per magia ne esce fuori bello magro, muscoloso e scattante. Mi sembra che non sia sempre così, purtroppo, ma tralascio l'analisi di queste proposte liberiste a un post futuro (abbiate pazienza).

Una soluzione sembrerebbe essere la valutazione a posteriori, accompagnata da un sistema di premi e punizioni. Brunetta ha proposto di impostare un meccanismo di monitoraggio da parte dell'utenza: gli utenti (cioè i cittadini) potranno valutare la qualità del servizio, e tale valutazione verrà utilizzata per "premiare" o "punire" i dipendenti del tal ufficio o del cotal servizio. Ed in effetti, una qualche forma di valutazione sembrerebbe necessaria, anche se una valutazione diretta da parte degli utenti sembra essere inadeguata alla complessità di certi servizi. Le proposte più avanzate, che in fondo sono già in atto, trasformerebbe ogni dipendente pubblico in un dipendente a tempo determinato, mettendo quindi l'accento sull'aspetto punitivo: se non ti comporti bene ti caccio. Ebbene, tale rivoluzione è in a

Penso alla scuola: non possono essere gli studenti minorenni a valutare i loro maestri; né possono farlo i genitori, parti in causa molto interessate, perché si rischierebbe il caos (ne ho cominciato a sperimentare qualcosa io con mio figlio in prima elementare). Restano le valutazioni oggettive di prestazione (ovvero quanto hanno imparato gli alunni), ma capite bene che quanto un alunno impare non dipende esclusivamente dal sistema scuola, perché è molto (troppo) facile insegnare nel quartiere in di Milano, e molto (troppo!) difficile insegnare a Scampia. Una valutazione analoga potrebbe invece funzionare molto bene per il sistema universitario, e ne ho già parlato tante volte.

Dopo questa lunga premessa, vorrei però arrivare al punto focale di questo mio lunghissimo post.

I politici sono dipendenti pubblici?

No, a quanto pare no, ha ragione Lucas e ha torto Beppe Grillo. I politici non devono vincere un concorso pubblico, non timbrano il cartellino, le leggi le fanno e raramente le subiscono.

Ma la differenza piu' importante e' che un politico e' sottoposto a giudizio periodico, almeno in teoria. Alla fine di ogni legislatura ci sono le elezioni, e i politici al governo dovrebbero essere giudicati in base a quello che hanno fatto. Il voto quindi come valutazione e giudizio insindacabile! Tanto che Lucas si spinge a dire che i politici dovrebbero essere visti come i nostri servi. Servi, nel senso di "al nostro servizio", si intende, e sotto il nostro controllo. Sembra quindi che per il politico valga quello che non vale per il dipendente pubblico: la democrazia come forma di controllo del potere, e come forma suprema di valutazione della gestione della cosa pubblica. Se è vero che una forma di valutazione periodica è necessaria per migliorare l'efficienza del servizio pubblico, la politica dovrebbe essere efficientissima!

Ma non mi sembra che sia così, almeno in Italia. Come mai, dove abbiamo sbagliato.

In realtà le elezioni politiche sono tutto tranne che un momento di valutazione razionale dei risultati del governo. Nel voto politico entrano in gioco tantissime componenti: c'è chi vota per i suoi ideali; chi vota perché il tal dei tali è più simpatico; chi vota contro qualcuno o qualcosa; chi vota per i suoi interessi esclusivi, magari in contrasto con gli interessi generali.

I politici cercano di sfruttare queste leve il più possibile. Gli ideali: antiberlusconiani e anticomunisti votano soprattutto contro qualcuno, indipendentemente dal risultato dei propri. Il sogno: ogni politico cerca di puntare sul sul futuro, e di nascondere il passato sotto il tappeto.

C'è poi il controllo sui mezzi di informazione. Per poter valutare, bisogna essere informati; ma se i mezzi di informazione sono sotto il controllo del governo, le informazioni arrivano distorte e non permettono all'elettore di farsi un'idea precisa di quello che è successo. Ed è inutile che vi dica in mano a chi sono i mezzi di informazione in Italia in questo momento (leggere qui per rinfrescarsi le idee, se ce ne fosse bisogno).

Ma c'è di più. Un politico di rango certa di coinvolgere il più possibile i propri supporters. Osservate bene cosa succede quando qualcuno vince le elezioni (ad esempio, l'ultima elezione di Obama): feste in piazza, manifestazioni di giubilo, addirittura concerti e parate. Sono manifestazioni simili a quelle dei supporters di una squadra di calcio che ha vinto il campionato. Anche il linguaggio spinge in questa direzione: si "vincono" o si "perdono" le elezioni, così come si vincono o si perdono le partite di calcio, oppure le battaglie. I politici preferiscono questo tipo di linguaggio: il capo della coalizione è assimilato a un condottiero che va in battaglia per sconfiggere l'esercito nemico. Bene contro male. Ed è qui che il politico italiano odierno fa più presa: "non vorrete mica che vinca il male, vero? allora non vi resta che votare per noi!". E sapete cosa? L'italiano medio, di destra e di sinistra, c'è cascato.

In tutto questo bailamme, la fredda e razionale ricapitolazione dei risultati del governo, per capire se la gestione è stata efficiente o efficace, passa del tutto in secondo piano. Silvio Berlusconi ha rispettato il contratto con gli Italiani firmato da Vespa ormai tanti anni fa? Le tasse sono calate da quando ci sono loro? La realtà passa in secondo piano rispetto allo slogan.

Conclusioni

I dipendenti pubblici, in fondo sono solo dipendenti, e come tutti, gente da convincere a votare per l'una o per l'altra fazione. I politici sono condottieri nella battaglia del bene contro il male. Sono perseguitati dall'avversa fazione che usa tutti i più subdoli trucchi per sopraffare i nostri paladini, dai poteri forti, dalla magistratura, ma vedrete che il bene trionferà alla fine.

Che resta a noi, poveri razionalisti relativisti per sopravvivere in questa giungla?



(*) una volta un mio amico americano mi disse che i professori universitari, non appena avuta la tenure come full professor, si "mangiavano il cervello". L'espressione veniva da non so più quale mollusco marino che una volta trovato una "buona" roccia a cui attaccarsi, "digeriva" il suo cervello perché non ne aveva più bisogno. Non sono riuscito a trovare alcun riferimento a questa storiella su google, se qualcuno ne sa qualcosa vi prego di farmelo sapere!

7 commenti:

  1. Non è un post, forse è uno sfogo?
    Poi tanti italiani sono troppo furbi per essere onesti, sia tra i dipendenti pubblici che tra i politici.
    Ma mi sono distratto sul mollusco, storia che ho già sentito ma non ricordo dove; forse un documentario o forse una parabola laica (propendo per questa).

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  2. post o sfogo? nel mio caso, quando parlo di politica non c'è quasi mai differenza! :)

    La storiella del mollusco mi ha colpito: anche gli americani si lamentano del professori universitari che sarebbe troppo protetti perché non licenziabili! Davvero è il caso di dire che tutto il mondo è paese.

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  3. Grazie per la dedica, onoratissimo.
    Ma soprattutto, grazie per aver approfondito la questione e fatto emergere ulteriori (e più profondi) problemi.
    Secondo me uno dei punti per rendere sostenibile (e credibile) una valutazione periodica del dipendente pubblico, potrebbe essere data dai criteri oggettivi che ogni amministrazione si dovrebbe dare per raggiungere qualità, efficenza e un buon servizio al cittadino. A questa valutazione andrebbe poi necessariamente affiancata una sorta di "formazione continua", soprattutto per quelle professioni che lo abbisognano (chiaro che per fare il custode di un museo statale forse non serve - o sì... imparare le basi di una lingua straniera! - ma per i docenti, il personale medico, eccetera essa è - sarebbe - indispensabile).

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  4. "Che resta a noi, poveri razionalisti relativisti per sopravvivere in questa giungla?
    Rimanerne al di fuori ed osservare questo interessante sistema caotico in tutta la sua complessità, come ho deciso di fare io, oramai da molto tempo, rassegnato sull'inutilità di qualsiasi intervento.
    Volendo comunque far parte dell'agone, una chiosa non trascurabile rispetto al tuo post, la trovi qui.

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  5. Forte il paragone col mollusco. Per la cronaca e' il sea squirt: it contains a ganglion 'brain' in its head, which it digests after attaching itself to a rock and becoming stationary, forming an anemone-like organism. This has been used as evidence that the purpose of brain and nervous tissue is primarily to produce movement.

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  6. @lector: dici di aspettare seduti sulla riva del fiume ad aspettare che passino i cadaveri dei nemici? :)
    Grazie per i dati, che però fanno solo innervosire, purtroppo.

    @Marko: grazie mille, ora potrò citare con più sicurezza!

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  7. @--> Knulp
    Sì. Ho visto che, una volta raggiunto il potere, si comportano tutti più o meno allo stesso modo.
    Ho perso ogni fiducia nel genere umano: oramai, solo una catarsi universale potrà cambiare lo stato delle cose. E si risolverà in un bagno di sangue .... come la democrazia post bellica che, per nascere, ha avuto bisogno del nazismo e dell'olocausto da esso provocato.

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