Ieri ero alla festa della scuola di infanzia di mio figlio. La mia prima recita scolastica! Mio figlio vestito da coccinella ha fatto un figurone, tutti sono stati bravissimi, soprattutto le insegnanti che hanno preparato i bambini a meraviglia. E naturalmente mi sono un pochino commosso (e quale padre potrebbe rimanere insensibile a tanta tenerezza?).
Più o meno nello stesso momento, a Melito Porto Salvo in Calabria, un padre come me che assisteva alla recita della scuola di infanzia del figlio, ha versato delle lacrime, ma non di commozione. Il figlioletto è stato colpito da un proiettile vagante sparato durante un agguato mafioso. Il bambino è tutt'ora in condizioni gravissime, i genitori disperati.
Non credete che questa sia un'emergenza? Forse ancora più grave di quella dell'immigrazione clandestina. Perché da sempre, in Sicilia, in Calabria, in Campania, uscendo di casa la mattina non sai mai se e come tornarci sano e salvo la sera. Perché il problema della criminalità organizzata nel sud d'Italia è un problema così endemico e di così vecchia data da non fare più notizia, da non provocare più alcuna reazione nei politici e nelle istituzioni di questo paese (a meno che non si vadano ad ammazzare in Germania, o non facciano un film da mostrare all'estero: allora è chiaro che "i panni sporchi si devono lavare in famiglia"). Perché l'emergenza continua non è più emergenza. E cosa ne pensano di tutti ciò i meridionali onesti? I più cinici e fortunati emigrano. I più coraggiosi e testardi rischiano di venire ammazzati ogni giorno. Per tutti gli altri, vale il famigerato proverbio siciliano: "Abbassati canna, che passa la piena".
Io sono uno di quelli cinici e fortunati. Però, non riesco ad essere contento per la giornata di ieri.
Aggiornamento del 8/6/2008: purtroppo, i 500 potenziali testimoni della tragedia di Melito hanno scelto la terza opzione. Inutile ricordargli che la prossima volta potrebbe capitare a loro.
Nessun commento:
Posta un commento
Attenzione: I commenti a vecchi post potrebbero essere moderati