venerdì 26 novembre 2010

L'Università che vorrei - 1

Questo pomeriggio un mio amico mi ha detto: "invece di limitarti a protestare, spiega cosa non va nel decreto Gelmini". L'ho spiegato tante volte, e molti altri lo hanno fatto come me. Ma, capisco, probabilmente devo insistere. E allora ecco cosa penso di alcuni punti del decreto. Comincio in questo post con la progressione di carriera dei docenti.

Com'è ora
Ora lo stipendio di un docente progredisce solo in base all'anzianità. Si parte da un livello abbastanza basso (paragonato a un dirigente d'azienda, o a posizioni analoghe in altri paesi europei, per non parlare degli USA); ogni due anni c'è uno scatto consistente. In caso di promozione (da ricercatore ad associato ad ordinario), ottenuta dopo aver vinto un concorso pubblico, ci sono 3 anni di "prova", durante i quali c'è un primo incremento; alla fine dei 3 anni c'è la procedura di conferma che se ottenuta da' un altro aumento (retroattivo, la cosidetta ricostruzione di carriera). Il meccanismo non è semplicissimo e non mi dilungherò qui a spiegarlo. Il meccanismo attuale è inadeguato ad una università moderna, perché non tiene conto del "merito", in qualunque modo si voglia misurare, e va cambiato.

La riforma
La scorsa estate, gli scatti di anzianità sono passati da uno ogni 2 anni a uno ogni 3 anni. Quindi, i professori giovani (come il sottoscritto) risultano penalizzati. In commissione bilancio 6 giorni fa è stato anche stravolto il meccanismo di ricostruzione della carriera, naturalmente a nostro svantaggio. Si è introdotto un fondo di premialità per i ricercatori e i docenti meritevoli, da assegnare in base al merito. Il fondo è però tutt'ora di entità misteriosa, almeno fino a quando non verrà approvata la finanziaria, e niente mi fa sperare per il meglio. E poi, di quanto mi potranno premiare mai? 20 euro al mese? 40 euro?

Perché non va bene
Ora, per carità, non vorrei fare il sindacalista, cercherò di alzarmi un attimino ad un livello superiore di quello della pura recriminazione personale. Per migliorare l'Università ci vogliono bravi professori. Per attirare i migliori bisogna pagarli bene, e magari da subito, non a fine carriera. Con questi provvedimenti: non si invoglieranno certo i giovani a seguire la carriera universitaria in Italia; aumenterà se possibile la fuga di cervelli; sarà ancora impossibile attirare docenti stranieri in Italia. 

Le Università migliori pagheranno quanto le peggiori, perché in realtà è lo stato che paga, non l'università. Quindi non si capisce perché dovrei spostarmi in una università migliore perdendo un sacco di soldi nel trasloco di città (vendere una casa, acquistarne un'altra, spostare la famiglia, etc.), senza ricevere in cambio un beneficio economico consistente. Quindi, niente aggregazione in centri di eccellenza. Niente di niente. Che cappero cambia? Certo, se il fondo di premialità fosse consistente, almeno si eviterebbe il livellamento tra bravi e meno bravi. Ma, a parte che ci credo poco, resta il problema della differenzianzione tra Università. Su come si dovrebbe distribuire questo fantomatico premio ne parlerò nel prossimo post.


Come bisognerebbe fare
Bisognerebbe abbassare lo stipendio di base ancora di più. La metà di come è ora, o 3/4 al massimo. Però, l'Università dovrebbe integrare lo stipendio di base con una quota aggiuntiva, a discrezione della stessa. In pratica, sganciare lo stipendio dei docenti dal meccanismo statalista per il quale lo stipendio è fisso e uguale per tutti, con piccole e stupidissime variazioni insignificanti, e legarlo al risultato, e fare in modo che le università decidano autonomamente. Le Università ricche pagheranno meglio e attireranno i migliori, le Università povere attireranno i peggiori, o i giovani aggressivi che vogliono mettersi in mostra.

Critiche
Le Università potrebbero pagare troppo i raccomandati, i figli di papà, i baroni, mentre quelli che lavorano farebbero la fame. 
Se quelli che lavorano accettano stipendi da fame senza lamentarsi mentre gli altri godono senza far nulla, i primi sono dei fessi e meritano di esser trattati male. Tutto sta a creare un meccanismo per cui alle Università conviene comportarsi bene, pagando di più i migliori. Lo vedremo parlando di valutazione.

Questa riforma costerebbe troppo
Non costerebbe un bel niente. Lo stato potrebbe continuare a dare lo stesso FFO alle Università. Solo che una quota molto inferiore andrebbe automaticamente allo stipendio base, e il resto sarebbe a disposizione dell'ateneo che potrebbe decidere come spendere questi soldi (per premiare, per ripianare debiti e buchi di bilancio, o per altro).

Non è fattibile
Certo che lo è. Il legislatore può tutto. A me ha tagliato gli scatti per esempio.


Non si possono toccare i diritti acquisiti
Si può, si può.


Non si possono cambiare i contratti esistenti
Ripeto, si può, basta volerlo.

Non sarebbe accettabile, troppo tranchant
Si potrebbe graduare nel tempo. Ad esempio,
1) Il primo anno la quota fissa sarebbe del 95%, il secondo anno del 90%, e così via;
2) I singoli atenei potrebbero decidere autonomamente di continuare a seguire il vecchio metodo (scatti di anzianità) oppure introdurne subito uno nuovo;
3) Si potrebbe fare solo sui nuovi entrati;
4) Oppure si potrebbe fare ancora diversamente: si tolgono gli scatti automatici, mentre lo stato distribuisce l'FFO come se niente fosse cambiato. Dopo un po' di anni, per effetto della mancanza di scatti, gli atenei avranno creato un gruzzoletto da usare come fondo interno di premialità.
Si potrebbero anche combinare l'approccio 3) con il 4).

Non passerebbe mai in parlamento, ci sono troppi baroni
Se c'era un governo che avrebbe potuto far passare una cosa del genere, questo era il fu governo Berlusconi. Maggioranza compatta e abbondante in entrambe le camere: che chiedere di più? Non l'ha fatto perché ... si è affidato ai consulenti sbagliati, e poi il governo Berlusconi non è liberista e neanche liberale.

Troppo liberista, troppo capitalista
Ecco un'obiezione seria. E' una riforma troppo liberista per un paese di statalisti come l'Italia.

Il governo se ne approfitterebbe per abbassare ancora il fondo di finanziamento delle università
Un'altra obiezione seria. Tagliare sull'istruzione è ormai sport nazionale tra i poitici di destra e di sinistra. Se c'è da recuperare soldi, basterebbe tagliare il fondo senza rischiare niente: ciascuna università sarebbe costretta ad abbassare gli stipendi al minimo, oppure ad andarsi a cercare fondi fuori in maniera molto aggressiva.
In effetti, con ministri come quelli che abbiamo avuto ultimamente il pericolo è concreto. Però le regioni potrebbero venire in soccorso, integrando il fondo per finanziare i loro "fiori all'occhiello", è già successo a Trento. Si potrebbero creare fondazioni ad hoc. E infine, si potrebbe scendere in piazza come al solito. Insomma, è un rischio ma secondo me varrebbe la pena correrlo.


I docenti di scienze sociali (lettere, scienze politiche, filosofia, etc.) guadagnerebbero meno di quelli di scienze sperimentali
Forse, può anche darsi sia così, ma non lo darei per scontato. E non mi sembra scandaloso in assoluto. Può darsi che la mia mente sia troppo orientata all'ingegneria e non veda questo come un problema. In ogni caso, non credo che avere un bravo docente di archeologia (ad esempio) possa essere meno importante di avere un bravo docente di ingegneria. Se l'ateneo è specializzato in archeologia, in modo da risultare il primo ateneo nazionale in questa materia grazie ai suoi docenti, sicuramente attirerebbe più studenti, e quindi avrebbe tutto l'interesse a pagare bene i suoi docenti. Insomma, ci sta che il sistema si autoaggiusti a livelli accettabili.


Perché non l'hai proposta prima? Ormai è tardi!
A parte che non è mai troppo tardi. Proposte simili circolano da tempo. Leggere il libro di Perotti, please. Se nessuno l'ha ascoltato non è colpa nostra.


Conclusioni
Aspettate il secondo post sulla distribuzione dei fondi, e poi ne riparliamo.

5 commenti:

  1. siamo tutt'orecchi.

    in generale, io sono per il principio seguente quadro: non servono "controlli occhiuti", paletti, regole draconiane, certificazioni, concorsoni nazionali sotto l'ala protettiva del ministro o dei commissioni ad hoc.
    L'unica linea-guida deve essere: se assumi un improduttivo, ti si ritorca contro da tutti i punti di vista. Se assumi uno bravo, il merito vada anche a te che l'hai assunto. E' l'unico modo per far finire gli scambi di favori incrociati.
    Questo deve valere per i prof, per i ricercatori, per i dipartimenti, per le università.

    "3) Si potrebbe fare solo sui nuovi entrati;"

    questo però è quello che voleva la riforma Moratti nel 2004 e contro la quale scendemmo in piazza. Il pepe al culo devono averlo per primi quelli che si sono seduti sugli allori. Io non dico di licenziare in tronco un prof di 55 anni che non pubblica da 10, ma tagliargli i fondi e lo stipendio sì.

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  2. Ciao, in generale mi sembra di aver capito che i docenti giovani sono per la maggior parte d'accordo con noi. Ma le riforme le fanno gli anziani...

    Per il punto 3): sarebbe troppo ingiusto in effetti, e da solo non basterebbe ad instaurare un circolo virtuoso. Va semmai combinato con qualche altro meccanismo.

    Per quanto riguarda la voglia di punire i vecchi fannulloni. Io non ho intenti "punitivi", non mi interessa punire nessuno: ho interesse a un sistema che si autoregoli, in modo che ogni università capisca da se chi premiare e chi no.

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  3. non è questione di punire per il gusto di punire, ma un nuovo regolamento lo devi anche fare accettare, specialmente se comporta la perdita di qualche sicurezza. Se mantieni degli "intoccabili" solo perché sono entrati prima, intanto ovviamente non è giusto, in secondo luogo è un costo e un rischio lasciare delle sacche di inefficienza perché "ormai..."

    Inoltre, si rischia di creare delle discriminazioni: da una parte "giovani" e "ultragiovani" (ti ricordi il caso recente delle borse assegnate con limite superiore di età) su cui puntare tutto il rinnovamento, e dall'altra "vecchi" e "semivecchi" (ricercatori assunti magari dopo anni di precariato) considerati non recuperabili a priori, a prescindere dai meriti personali.

    io dico: regole uguali per tutti...

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  4. Scusami, Giuseppe. Non conosco la riforma Gelmini e, purtroppo, in Italia, si riesce solo a sapere che uno è contro o a favore, ma mai a capire il perché. La stampa, poi, com'è noto, non fa informazione, ma fazione.
    A parte questa doverosa premessa, permettermi di dirti che, se la Gelmini (la quale, umanamente, fatica a godere della mia stima, posto che non ne conosco i meriti accademici che l'hanno elevata a ministro della pubblica istruzione)s'azzardasse a proporre quello che proponi tu, come minimo l'appenderebbero per i piedi a una pompa di benzina di Piazzale Loreto.
    (Ops, m'è sfuggito il termine pompa. E' una brutta parola, quando si parla della Gelmini, o quella era la Carfagna?) :-D

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  5. @dr tenebre: non intendevo dire che bisogna differenziare nuovi e vecchi.
    Intendevo dire che si può trovare un modo per fare accettare una cosa del genere con gradualità, equilibrando le esigenze dei giovani con quelle dei vecchi.

    In effetti, io propongo che si introduca un metodo unico e condiviso a livello nazionale per far scendere lo stipendio "base" in maniera graduale, per ammorbidire l'impatto di una tale rivoluzione. E poi i singoli atenei decidano un po' come fare. Al nuovi arrivato potrebbe andare anche meglio del vecchio: l'ateneo buono potrebbe decidere di concentrare i pochi risparmi iniziali per acchiappare il genio alzando l'offerta ed equiparandola a quella di gente "più vecchia". Poi, boh, probabilmente bisognerà pensarci molto bene.

    @lector: lo so, l'italiano medio è naturalmente statalista; gli studenti sarebbero tutti contro, per non parlare degli umanisti. Non passerebbe mai. Sogni, se vuoi.

    Ma ora che questa riforma sta per arrivare all'approvazione, lasciatemi almeno sognare, perché per i prossimi 10-15 anni resteremo nello stato attuale, se non peggio.

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