giovedì 13 agosto 2009

Le parole che (non) ti ho detto

Solita solfa. Uscite agostane dei soliti ministri, seguite da puntuali smentite, seguite da puntuali difese d'ufficio, secondo schema consolidato. Phastidio.net si spende anche a contestare il merito. E però, il giochetto ci è venuto a noia. Davvero, adesso fa caldo, passa la voglia di stare a puntualizzare, a contestare, a impiccare le idee alle parole.

Quindi ne approfitto per un discorso più generale sull'articolo di Vittorio Macioce. Sono i tipici discorsi filosofici che viene la voglia di fare sotto l'ombrellone, con la brezza marina che ti rinfresca e sorseggiando un succo di frutta dolce nella mano.

Caro Macioce, lei che è un professionista della comunicazione, dovrebbe sapere meglio di me che le parole sono importanti, tanto più per un uomo pubblico, anzi massimamente per un uomo politico. I politici d'altri tempi stavano ben attenti a scriversi i discorsi, o a farseli scrivere e correggere da collaboratori laureati in lettere o giurisprudenza, per evitare il più possibile errori interpretativi. Ricorda Aldo Moro? Si, lo so che erano discorsi difficili da capire, soprattutto per la gente comune. Ma erano precisi, massimamente precisi. Aldo Moro diceva quello che voleva dire con precisione. Oppure Craxi: ricorda come parlava lentamente, con attenzione, pesando e pensando ogni singola parola? La precisione prima di tutto. Altri tempi, tempi con più polemiche e meno polemichette.

La precisione nel linguaggio è l'essenza della comunicazione efficace. Se non si vuole essere fraintesi, bisogna saper esprimere i concetti in maniera sintetica e precisa, facendo attenzione ai dettagli, ché il diavolo si nasconde nei dettagli. Nel mio lavoro di ricercatore scientifico, spesso capita che un articolo che mandiamo a qualche rivista o conferenza venga rifiutato. Immancabilmente viene da me lo studente di dottorato a lamentarsi che "il revisore non ha capito niente". Io rincaro quasi sempre la dose: "se non ha capito, è colpa nostra che non ci siamo spiegati bene". Alle sue deboli proteste, indico i punti dell'articolo che andrebbero migliorati. Sì, talvolta capita che un revisore si accanisca con noi per partito preso. Ma si tratta di rari casi, e di solito isolati. Quasi sempre è colpa nostra.

Io perdo molto tempo a scrivere gli appunti e le slides per le mie lezioni all'università. Ogni anno rivedo qualcosa, anche di corsi che insegno da ormai più di 5 anni. C'è sempre qualcosa di meno chiaro, qualcosa che si potrebbe esprimere meglio. Il feedback degli studenti è importante, ma più di tutto sono io che spendo tempo a rileggere e a limare. Si direbbe che sono un perfezionista. In realtà sono tutt'altro che un perfezionista, ma mi piace insegnare, e so bene che per insegnare bisogna avere prima di tutto padronanza della materia e massima precisione nel linguaggio.

Il linguaggio è tutto nella società della comunicazione. Il linguaggio è il mezzo attraverso il quale si comunica un'idea, un concetto, o semplicemente una notizia. Naturalmente, il linguaggio va interpretato per estrarne il significato.

La comunicazione politica, quella di cui si è occupato lei caro Macioce, è unidirezionale, al contrario di un dibattito. Il politico dichiara (sorgente), i lettori leggono (riceventi). Spesso c'è un giornalista intermediario (mezzo di comunicazione). Se c'è un errore di intepretazione la "colpa" dell'errore può essere:
1) della sorgente (che non ha saputo esprimere correttamente i concetti),
2) del ricevente (che non ha saputo interpretare i concetti),
3) del mezzo di comunicazione (che ha introdotto delle distorsioni nel messaggio in modo da cambiarne l'interpretazione).

Caro Macioce, nella vicenda delle gabbie salariali, non si capisce bene da che parte lei individui l'errore. In questo articolo, lei tira bonariamente le orecchie a Calderoli (la sorgente):
La Lega qualche volta sbaglia le parole. Il Nord e il Sud non hanno bisogno di gabbie, ma di liberare il lavoro e il salario, di non far cadere tutto dall’alto, di non ridurre tutto a una concertazione dirigista. E questo lo sanno anche Bossi e Calderoli, anche se quando sparano alto l’obiettivo sono gli interessi del Nord.
In questo articolo invece, il "colpevole" diventa meno chiaro:
È colpa di questa epoca di transizione, dove si naviga a vista, senza mappe e bussola. Ed è come se davanti ai nuovi problemi la politica cercasse rifugio nelle vecchie parole del Novecento. Un certo senso pratico fa intravedere la soluzione, ma il linguaggio resta quello del passato, l’unico disponibile visto che quello nuovo annaspa, fatica a trovare concetti. [...] Non ci sono vocabolari e qualcuno finge di non capire. È facile giocare sugli equivoci.
Qui la colpa è prima dell'epoca di transizione (!), poi sembra essere della sorgente (la politica) che ha perso le mappe, ma qualcuno finge di non capire, e allora anche del mezzo di comunicazione, e perfino del ricevente. Al solito, tutti colpevoli, nessun colpevole. Più avanti nello stesso articolo non ci sono più dubbi:
Berlusconi, qualche giorno fa, ha detto che la Rai non deve attaccare maggioranza e opposizione. Nulla di scandaloso. Il servizio pubblico, pagato da tutti, non può essere partigiano. È un concetto banale. Ma queste parole sono state tagliate e rimodellate. Via l’opposizione, via attaccare ed è rimasto che la Rai non deve trasmettere notizie contrarie al governo.
Seguendo la versione ufficiale del premier, qui il problema sembra essere diventato il mezzo che "modella" le frasi per cambiargli significato. Però, caro Macioce, qui comincio a sospettare che il mezzo che modella le frasi sia proprio lei. Infatti io (il ricevente) ho ascoltato la registrazione della conferenza stampa del nostro primo ministro (la sorgente) mandata in onda dal Fedele Fede. Quindi, il mezzo era neutro (a meno di non pensare a improbabili oscuri complotti nell'etere), e non ho rilevato il suono della parola opposizione. Eppure è una parola dal suono proprio distinto.

Ma lasciamo perdere queste polemichette estive (fa caldo), e torniamo a bomba. Lei dice che mancano le mappe, che il linguaggio è rimasto quello del passato che non riesce a esprimere i nuovi concetti. Mi sa che lei tiri in ballo concetti esageratamente complessi. E d'altronde capisco che non sia facile spiegare altrimenti il reiterato meccanismo della dichiarazione-smentita.

Le parole, il vocabolario, le mappe, esistono già! Tanto è vero che il governo le ha già usate in documenti ufficiali. Contrattazione di secondo livello, non le sembra che suoni bene, che esprima correttamente il concetto? Se le sembra troppo difficile, possiamo provare con contrattazione decentrata. Parole ancora troppo difficili? (e perché gabbie salariali sono più facili?). Se Calderoli e BS dicono rapportare retribuzione e costo della vita al territorio, per indicare invece la "contrattazione decentrata", non le sembra che stiano prendendo fischi per fiaschi? Non le sembra che stiano confondendo due concetti abbastanza diversi fra loro? Tanto che viene il sospetto che la confusione sia mentale prima che di linguaggio.

Sono stati fraintesi? La colpa è esclusivamente loro (delle sorgenti). Mi dispiace per il suo articolo appassionato, caro Macioce, ma se la politica ha perso le mappe (ed anche la bussola) la colpa è della pressapochezza dei politici attuali.

Propongo una spiegazione più semplice del fenomeno della dichiarazione-smentita. BS parla sempre a braccio e si lascia trasportare a dire fess... cose non perfettamente esatte. La sera stessa i collaboratori lo chiamano per spiegargli come stanno veramente le cose e per approntare la smentita del giorno dopo. Nessun intento malvagio, nessun calcolo politico: non vi accalorate, amici di sinistra. Semplicemente, siamo governati da uno spaccone. Capisco, caro Macioce, che queste cose sul Giornale di famiglia non si possono scrivere, e quindi capisco perfettamente come "manchino le mappe della politica".

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